domenica 21 giugno 2015

10 giugno

10  6   6:40
Preso dolorosamente atto che la cosa non si sblocca m’iscrivo e vado finalmente al Sindacato piccoli proprietari. (Altre 75 euro).
Le notizie orribili avute ieri hanno sortito un effetto paradossale.
E’ proprio vero che le difficoltà possono essere il nostro guru. Dovrebbero esserle.
E’ stato come se mi fossi detto, anzi, quasi come se una voce mi avesse detto, un daimon, come nella mente bicamerale dei Greci e degli oracoli:
“Okay, può darsi che l’unica cosa da fare sia mettere la casa all’asta. E allora?”
Se hai fatto tutta una sequela di errori così grossolani un motivo ci sarà. Accettane le conseguenze. Mica ti costerà la vita, o la salute? O la libertà? Se fai qualche grossa cazzata puoi andare anche incontro a queste conseguenze, ma se accetti il destino, quel che sarà, pazienza. Avrai perso una casa. Ma avrai comunque il lavoro, e comunque una casa dove abitare. Tanto, evidentemente non eri tagliato per fare il compra-vendi e manco il compra-affitta case. Del resto è una cosa che non ti sarebbe mai passata per la mente se non ti fossi involuto in questo modo in questi anni. E’ una cosa che non c’entra proprio niente con te. E’ un falso fine, come li definisce Vadim Zeland.
Tutto quello che facciamo solo per ricavarne dei soldi, e/o perché pensiamo che questo ci porterà/aiuterà/permetterà di arrivare al nostro fine, e che non ci dà intrinsecamente piacere e gioia, è in realtà un fine fasullo, un falso fine, una cosa posticcia, un seguire la strada sbagliata.
La strada che dobbiamo veramente seguire è quella che ci piace, indipendentemente dai soldi e dal riconoscimento che ne abbiamo al momento.
Se non avessero fatto così, del resto, non avremmo i dipinti di Van Gogh né i capolavori di Kafka. Sì, lo so che ne l’uno né l’altro hanno potuto avere i frutti e goduto del loro genio e della loro arte. Nel caso di Kafka neanche ci aveva provato, e forse la cosa era intrinseca alla sua persona e se così non fosse stato non avremmo potuto avere né “La Metamorfosi”, né “Il Processo”, né “Il Castello”, né “America”, né i racconti. Nel caso di Van Gogh, e di altri ancora, gli è andata male. E’ vero. Può andare anche male. Ma a parte il fatto che lui si è suicidato e non possiamo sapere come sarebbe finita se non l’avesse fatto. A parte questo finché ha vissuto, pur con tutte le difficoltà, ha fatto quello che voleva, quel che sentiva, forse è stato comunque meglio così, per la sua anima, che non seguire la sua arte e diventare un impiegatuccio borghese, tanto per fare un esempio. Sicuramente è stato meglio per noi, per quello che ci ha lasciato. Anche se, malignamente, verrebbe in mente, è stato meglio per i musei e per chi commercia in opere d’arte.
Ma sto divagando. E’ come se ieri fossi rimasto coinvolto in un incendio, rischiando di rimetterci la vita, e mi fossi salvato. Cosa ve ne fregherebbe in questo caso delle cose bruciate e della casa stessa? Se scampaste con la vostra famiglia a un attacco terroristico o a un bombardamento, e rimaneste salvi e incolumi, pur perdendo tutte le cose che avevate, non sareste comunque felici perché vi siete salvati?
Certo, poi la mente si riprenderebbe la sua rivincita, e ricomincereste a soffrirne e a disperarvi, ma sul momento saprete che la cosa più importante, anzi le uniche cose che veramente contano, sono la vita, la salute, la libertà. Fanculo tutto il resto.
Sono riportato all’essenzialità della vita e della morte.
Importa quel che si è e quel che si riesce a diventare con la tempratura della vita.
Non sprofondare in basso e invece riuscire ad arrivare sempre più in alto. Quel che si è e non quel che si ha.
Non mi lascerò distruggere la vita né da un mutuo, né da una perdita economica, dalla perdita di una casa, né da una X miserabile che vuol far pagare agli altri il suo fallimento.
Io invece sto pagando per la mia stupidità, e come ho sempre detto, è vero, la stupidità si paga. 

Nessun commento:

Posta un commento